In queste ore convulse per il volley italiano, fra dichiarazioni, illazioni, strumentalizzazioni che un vero tifoso poco sopporta, ho scelto di raccontarvi un’altra storia; una storia di puro sport, forse mediaticamente meno accattivante, ma più coerente alla passione autentica con cui vivo, da sempre, la pallavolo .
E’ la storia di Daniele da Foligno, 41 anni, allenatore italiano che, in un decennio, è passato da assistente coach in serie B2 a CT campione del Mondo. Nel mezzo un percorso fatto di sacrifici, impegno, tenacia, studi, applicazione, dedizione, serietà e sorrisi; la crescita professionale di un uomo che ha saputo conservare la stessa straordinaria umanità, umiltà e gentilezza degli esordi nonostante i tanti traguardi e riconoscimenti ottenuti in campo nazionale ed internazionale.
E la storia che merita di essere raccontata, con l’utopica speranza diventi esempio per molti, è proprio quella di quest’impresa straordinaria: un uomo, un vincente, capace di restare se stesso, con l’entusiasmo degli esordi, con l’umiltà del principiante.
Sotto il cielo di Apeldoorn, sabato sera, Daniele Santarelli, medaglia d’oro Mondiale al collo, mi ha fatto uno dei regali più preziosi che un tifoso possa desiderare: un saluto con la stessa autentica gentilezza che l’ha contraddistinto fin qui, con naturale e spontanea umanità, come se non fosse successo nulla scriverà qualcuno, come se non fosse appena entrato nella leggenda del volley internazionale.
Sabato sera ad Apeldoorn, nel guardare gli occhi lucidi di gioia di Daniele Santarelli, ho rivisto l’espressione di un ragazzino capace di vivere e trasmettere la passione per lo sport che ama a prescindere da risultati e medaglie.
Il nostro movimento ha bisogno di quell’espressione, di quegli occhi lucidi, più di qualsiasi vittoria; il nostro movimento ha bisogno di non dimenticare che a rendere preziosa una medaglia non è il metallo con cui è forgiata, ma il valore di chi la indossa.
Grazie infinite caro Daniele.