Il “time out” di Paola e l’occasione mancata.

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Ci sarebbero stati almeno tre ottimi motivi per parlare, in altro modo, di pallavolo.

Anzitutto una medaglia di bronzo, certo agrodolce per le aspettative della vigilia, ma che significa, comunque, aver conquistato un podio Mondiale, risultato che la nostra Nazionale femminile,  dal 1952 ad oggi,  ha raggiutno solo altre due volte (2002 oro, 2018 argento, ndr).

Poi vi sono i premi individuali:  due atlete  su sei del “Dream Team Mondiale” sono azzurre. Tradotto per i non addetti: Anna Danesi,  26 anni, centrale e Miriam Sylla 27, schiacciatrice sono  fra le migliori, al Mondo, nel loro ruolo.

E infine  non andrebbe dimenticato Daniele Santarelli, quarantunenne allenatore umbro, che alla guida della nazionale Serba da soli dieci mesi, ha conquistato l’oro Mondiale. Un‘ impresa riuscita negli ultimi settantanni solo a due altri connazionali: Giovanni Caprara con la Russia e Marco Bonitta  nell’unico Mondiale vinto dalle nostre ragazze (2002, ndr).

E invece no.  L’occasione di trasformare lo sfogo, presumibilmente dettato da un mix di sensibilità e stanchezza,  di un’atleta iconica come Paola Egonu,  era troppo ghiotta per non farne un caso mediatico, prontamente strumentalizzato da gente che confonde il volley con il curling.

Per provare a rendere più comprensibile questa riflessione, libero il campo da ogni possibile fraintendimento: Paola Egonu è, a mio parere, il talento più fulgido della nostra pallavolo nazionale, uno dei terminali offensivi  più forti al mondo.

Paola Egonu, non bisogna dimenticarlo, è anche una ragazza di ventitre anni, che ad ogni ingresso in campo è investita di aspettative e  pressioni psicologiche proporzionate al suo essere sportivamente un fenomeno.

Tutti si aspettano, sempre e comunque il massimo da Paola; non è ammesso che lei abbia un calo ancor meno una “giornata no”, non è ammesso che lei abbia un problema perché lei, anche nella mente del tifoso più razionale, è quella che i problemi li risolve.

In parallelo, fuori dal campo, da sempre, ci sono gli imbecilli, quelli che denigrano e insultano. I social hanno dato solo a questi miserabili un canale in più per dimostrare tutti i loro limiti.

Dare enfasi e creare un “caso Egonu”, permettendo, senza remore, di strumentalizzare anche politicamente la vicenda, significa non aver compreso il lato umano di una sportiva, la sua stanchezza,  la sua sensibilità e la sua legittima  necessità di  “time-out”.

Significa aver perso un’altra occasione, l’ennesima purtroppo, per raccontare la bellezza del nostro movimento, il lato umano dello sport.


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